Al momento stai visualizzando Città d’arte ai tempi del Covid, storia di una crisi annunciata.

Città d’arte ai tempi del Covid, storia di una crisi annunciata.

  • Autore dell'articolo:
  • Categoria dell'articolo:BLOG

Mai come in questo periodo le nostre città d’arte sono VUOTE. In effetti lo sono da alcuni mesi, ma complice il ferragosto alle porte è evidente la differenza rispetto al passato.

Cosa succede?

Oltre la metà degli alberghi delle città d’arte italiane non hanno riaperto dopo la fine del lockdown, agenzie di viaggi, ristoratori, guide turistiche, tassisti, fornitori di servizi in genere nel settore turistico sono in grave difficoltà e lamentano perdite stimate tra 80-90%.

Ma come si è arrivati a questo punto?
Possibile che il Covid abbia causato una crisi tanto grave?

Proviamo a fare insieme qualche riflessione ed analizziamo alcuni dati.

Da anni assistiamo al costante esodo degli abitanti di città come Roma, Firenze, Venezia, in favore di case vacanza e bed & breakfast destinate ad un turismo internazionale che sembrava inarrestabile finché, senza pressoché più residenti, le nostre città più belle sono diventate simili a giganteschi Luna Park.

Giusto per snocciolare qualche numero, nel 2018 (i dati del 2019 sono in lavorazione) nella sola città di Roma ci sono stati 15,2 milioni di arrivi e 36,6 milioni di pernottamenti, per una media di 2,4 notti a visitatore: ecco quindi che accogliere un numero così grande di persone comporta delle scelte – e delle conseguenze.

Per completezza di informazione, e per rendersi conto dell’enormità di questi numeri, è giusto ricordare che Roma conta nemmeno 3 milioni di abitanti – ed accoglie (o meglio accoglieva) un numero di turisti 5 volte superiore a quello dei suoi residenti.

In pratica: 15,2 milioni di persone che arrivano hanno bisogno innanzitutto di posti letto per dormire, ma gli alberghi non sono sufficienti o sono troppo costosi, così innumerevoli appartamenti privati si sono trasformati negli anni in alloggi per turisti di varia natura.

E poi chi arriva ha bisogno di ristoranti in cui mangiare, di spostarsi, di fare acquisti. La città che accoglie una domanda turistica così importante si “modella” quindi in base a tale domanda, fino a snaturarsi nel momento in cui il flusso turistico “fagocita” la vita normale e naturale di un luogo.

È il cosiddetto “overtourism”, il turismo di massa, un fenomeno di sovraffollamento che sfugge a qualsiasi controllo e assolutamente insostenibile dal punto di vista delle risorse di un luogo.

Tornando quindi alla domanda iniziale: è possibile che il Covid abbia causato una crisi tanto grave?

Noi crediamo che le responsabilità siano diversificate ed ampiamente distribuite, il virus non ha colpa se non quella di aver finalmente smascherato un ingranaggio inceppato e malconcio che tanti esperti hanno provato a raccontare e denunciare negli ultimi anni.

E se ogni crisi è occasione di crescita, noi ci auguriamo che quella attuale possa essere l’opportunità per una pianificazione e programmazione turistica diversa, più “umana e maggiormente sostenibile.